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      Dopo, al cospetto dei giudici, quando le mostrarono i panni insanguinati della sua vittima, non seppe che cosa rispondere.
      - Questa donna ch'è stata di tutti, - tonava il pubblico accusatore, coll'indice appuntato verso di lei, come la spada della giustizia; - questa donna che, per ogni trivio, fece infame mercato della propria abbiezione, e della cecità, voglio anche concedere alla difesa, della acquiescenza del suo amante, questa donna, o signori, osò arrogarsi il diritto delle affezioni pure e delle anime più oneste; osò esser gelosa, il giorno in cui il suo complice apriva gli occhi sulla propria vergogna, e si sottraeva al turpe vincolo, per rientrare nel consorzio dei buoni, ritemprandosi colla santità del matrimonio! -
      Ella udì pronunziare la sua condanna, disfatta, cogli occhi sbarrati e fissi, senza dir verbo. Si alzò traballando, come ubbriaca, e nell'uscire dalla gabbia di ferro, batté il viso contro la grata.
      Prima l'aveva fatta cadere il signorino - se ne rammentava ancora come un bel sogno lontano, svanito. - Aveva pianto e supplicato. Indi, a poco a poco, vinta dal rispetto, dalla lusinga di quella tenerezza prepotente, dalla collera di quel ragazzo abituato a fare il suo volere in casa, s'era abbandonata timorosa e felice. Era stato un bel sogno, ch'era durato un mese. Egli saliva furtivo nella cameretta di lei, colle scarpe in mano, e si abbracciavano tremanti, al buio. Il giorno in cui il giovanetto dovette far ritorno all'Università, pioveva a dirotto; essa si rammentava pure dello scrosciare malinconico e continuo di quella grondaia.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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