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Fu un giorno che il marito tardava a venire, e il Crippa la colse nella stanza di sopra, col pretesto di cercare un pacchettino che il compare gli aveva scritto di mandargli. La Lena, china sul cassetto del mobile, cercava insieme a lui, col seno gonfio, quando il bell'Armando tutt'a un tratto l'afferrò pei fianchi e le accoccò un bacio alla nuca.
- No! no! - balbettava essa tutta tremante, bianca come cera; ma il sangue le avvampò all'improvviso in faccia; arrovesciò il capo, cogli occhi chiusi, le labbra convulse, che scoprivano i denti. Dopo rimase tutta sottosopra, tenendosi la testa fra le mani, quasi fuori di sé.
- Cosa ho fatto, Dio mio! Cosa m'avete fatto fare! -
Il Crippa, contento come una Pasqua, cercava di chetarla. Oramai... suo marito non ne avrebbe saputo mai nulla, parola di galantuomo, se avesse avuto giudizio anche lei.
Il Bulo però lo seppe o lo indovinò, al vedere l'aria smarrita della Lena, che ancora non aveva fatto il callo a certe cose. Crippa, il bell'Armando, più sfacciato, gli faceva le solite accoglienze da fratello, buttandogli le braccia al collo, dandogli conto dei loro negozi per filo e per segno.
Il Bulo lo guardò colla faccia dura, e gli rispose secco secco:
- Vi ringrazio, compare, di tutto quello che avete fatto per me, e un giorno o l'altro ve lo renderò -.
La Lena sentì gelarsi il sangue a quelle parole. Ma il Crippa, che aveva mangiato la foglia anche lui, le disse all'orecchio, mentre il compare era andato di sopra un momento, a mutarsi i panni:
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