- Don Domenico, il fattore, l'aveva predicato tante e tante volte, di badare sopra tutto a certe facce nuove che andavano intorno, per le vie, e nelle chiese perfino! (Potevate sospettarlo, nella casa di Dio?) Cavavano fuori il fazzoletto, finta di soffiarsi il naso, e lasciavano cadere certe polverine invisibili, che chi ci metteva il piede sopra poi, per sua disgrazia, era fatta!
Il giorno stesso, a precipizio, chi aveva qualche cosa da portar via, e un buco dove andare a rintanarsi, in una grotta, fra le macchie dei fichidindia, nelle capannucce delle vigne, era fuggito dal villaggio. Avanti il somarello, con quel po' di grano o di fave, il cesto delle galline, il maiale dietro, e poi tutta la famiglia, carica di roba. Quelli che erano rimasti, i pił poveri, da principio avevano fatto il diavolo, minacciando di sfondar le porte chiuse, e bruciare le case dei fuggiaschi; poscia erano corsi a tirar fuori dal magazzino tutti i santi del paese, come quando si aspetta la pioggia o il bel tempo, l'Addolorata, coi sette pugnali di stagno, san Gregorio Magno, tutto una spuma d'oro, san Rocco miracoloso che mostrava col dito il segno della peste, sul ginocchio. All'ora della benedizione, nel crepuscolo, quelle statue ritte in cima all'altare buio, facevano arricciare i peli ai pił induriti peccatori. Si videro delle cose allora da far piangere di tenerezza gli stessi sassi: Vito Sgarra che si divise dalla Sorda, colla quale viveva in peccato mortale da dieci anni; padre Giuseppe Maria a far la croce sul debito degli inquilini che proprio non potevano pagarlo; Angelo il Ciaramidaro andare a messa e a comunione come un santo, senza che gli sbirri gli dessero noia, e la notte dormire tranquillo nel suo letto, colla disciplina irta di chiodi e insanguinata al capezzale, accanto allo schioppo carico che ne aveva fatte tante.
| |
Domenico Potevate Dio Cavavano Addolorata Gregorio Magno Rocco Vito Sgarra Sorda Giuseppe Maria Angelo Ciaramidaro
|