Un vecchio dai capelli bianchi, col piede sul montatoio, scrollava pietosamente il capo, rispondendo a una giovinetta che le era scesa dietro supplichevole sino alla porta, colle mani giunte e il viso disfatto; anch'essa diceva di sì col capo, macchinalmente, cogli occhi sbarrati e quasi pazzi in quelli del vecchio. Poi quando egli fu partito, si celò il viso nel fazzoletto e rientrò nell'andito.
Era una sera di primavera, tepida e dolce. Dalla strada saliva la canzone nuova, e il chicchierìo delle ragazze innamorate, nel plenilunio d'aprile. Al primo piano della casa, dietro una ricca tenda di broccato, si udiva sonare il valzer di Madama Angot.
Più tardi, per la via deserta si udì una squilla, lo scalpiccìo e il borbottare dei fedeli che accompagnavano il viatico; s'affacciarono i vicini, alcuni ginocchioni, col lume in mano, e la folla s'ingolfò sotto la porta spalancata a due battenti, fra due file di lanterne che andavano balzelloni.
Tutte le finestre del quartierino desolato si illuminarono per la prima volta, dopo tanto tempo, per l'ultima solennità, mentre la folla degli estranei ingombrava la casa, con un luccichìo tremolante di ceri, nella camera gialla. E dopo che tutti quanti furono partiti, la casa rimase sempre illuminata e deserta, quasi per una lugubre festa. Vi si vedeva solo di tanto in tanto il passaggio delle solite ombre che correvano all'impazzata, in un affaccendarsi disperato.
Nel silenzio alto dell'ora tarda, dietro quei vetri lucenti sulla facciata bianca di luna, sembravano correre delle invocazioni deliranti, dei singhiozzi soffocati, delle braccia supplichevoli stese verso il cielo sereno.
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Madama Angot
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