.. Quello non era il frù-frù vivo della seta... Era piuttosto il fruscìo molle della biancheria più intima. Pareva di sentirne il profumo all'ireos. Il fatto è che mi guastava il pranzo, mi dava delle distrazioni, una tensione d'udito in cui sembravami di vedere ogni parte del suo vestiario, a misura che le passava per le mani, di vederla nelle bottiglie e negli specchi dirimpetto, colle braccia nude, pettinandosi per la notte. - Buona notte che avrei passato con quella cabina attaccata alla mia! - Povera Ginevra, le parlava il cuore! - Talché non volli aspettare neppure il caffè, e andai sul ponte a fumare un sigaro... e pensare a lei...
- Bravo, d'Arce! Venite a farmi compagnia, - udii una voce che mi chiamava da poppa. Proprio la Maio, che desinava tranquillamente, al lume della bussola, col piatto sulle ginocchia.
- Come... voi qui! - mi scappò detto.
- Grazie! Credevo che aveste già notata la mia presenza a bordo, ingrato! - rispose sorridendo e mordendo una fetta di pera.
- Mi era parso di sentire... Chi c'è dunque nella vostra cabina?
- La cameriera, credo. Starà mettendo in ordine la mia roba. Pensate che devo starci quattro o cinque giorni in quella gabbia!
- Tanto meglio!
- Tanto meglio, sia pure, giacché siete in vena d'amabilità. Intanto mi tocca far penitenza, come vedete...
- L'avrei fatta anch'io volentieri con voi, se avessi saputo...
- Oh, voi... è un'altra cosa. Prima di tutto siete corazzato... sul mare; e poi vi sono i regolamenti, che so io, tutti quegli ostacoli che avete immaginato voialtri.
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Ginevra Arce Maio
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