Mi chinai su di essa e la baciai.
Ritirò la mano, lentamente, senza dir nulla; ma il sorriso le morì sulle labbra che parvero tremare e scolorirsi.
- Ecco come siete, tutti quanti!... - mormorò dopo un momento, guardandosi intorno, e passandosi la mano sul viso.
Eravamo soli, nascosti dalla parete della scala; la presi per forza e la baciai sulla bocca avidamente, felice di sentire che già si abbandonava, come fosse la prima volta.
- Dite la verità - mi chiese poi. - Ve la siete fatta dare apposta la cabina accanto alla mia? -
Alvise aveva ragione di dire che era una simpatica compagna di viaggio: allegra, graziosa, riboccante di spirito, e senza malinconie.
Se qualche momento ne avevo io, delle malinconie, ripensando alle ultime parole della mia Ginevra, ai suoi begli occhi lagrimosi che mi chiedevano di esserle fedele, quest'altra metteva la miglior grazia a farmi tosto spergiuro... e contento. Una di quelle donne che non passano la pelle, ma che sanno accarezzarla. Discreta poi! Mai una allusione o una parola. Sapeva forse che il mio cuore era preso, e si contentava del resto. Talché continuai a trovarla anche dopo che fummo arrivati a Genova, mentre aspettavo l'imbarco per Montevideo.
- Sapete, povera Ginevra... - mi disse un bel giorno, leggendo una lettera che le era giunta allora da Napoli. - Pare che abbia avuto dei guai laggiù, per quello scapato di Alvise... S'è lasciata cogliere dal marito, la sera stessa che partimmo, vi rammentate? -
A quella notizia dovetti fare un viso molto sciocco, poiché ella soggiunse, col suo ghignetto malizioso, stavolta:
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