Alvise parve stupefatto.
- Voi!... qui!
- Oramai... - balbettò ella smarrita. - Oramai... siete il mio amante...
- Ma no, amor mio!... è impossibile!...
- E dove volete che vada adesso?
- A casa vostra. Non temete. Vostro marito è un gentiluomo. Tutto si è accomodato.
- Accomodato, in che modo?
- Non sarà fatta parola di voi nella questione fra me e vostro marito... Ci sarà di mezzo un'altra donna... una che non avrà nulla da perdere.
- Nessuno vi crederà.
- Non importa che credano. Ma bisogna che sia così. Vostro marito partirà immediatamente per un lungo viaggio... Voi sarete libera...
- Ah!...
- Credetemi!... - diss'egli stringendole forte le mani, quasi colle lagrime agli occhi. - Credetemi che darei tutto il mio sangue perché non fosse avvenuto tutto ciò! -
Ella gli si buttò fra le braccia, piangendo tutte le sue lagrime, abbandonandosi interamente all'uomo che un'ora prima cercava un nido in capo al mondo per andare a nascondervi il loro amore e la loro felicità. Adesso invece cercava di calmare la povera Ginevra, preoccupato dei riguardi che doveva alla riputazione di lei, ai ma e ai se che le aveva rimproverato poco prima, cercando di farle comprendere le esigenze mondane che un'ora avanti voleva farle mettere sotto i piedi, un po' pallido, malgrado il suo coraggio provato, tutto un altr'uomo, imbarazzato, esitante, guardando l'uscio e l'orologio ogni momento, rispettoso e delicato, uomo di mondo sino ai capelli, è vero, ma un uomo di mondo cui sia caduta una tegola sul capo, e gli sia rimasta fra le braccia una gatta da pelare, per usare la frase gentile che nessuno dice e tutti pensano in casi simili.
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Ginevra
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