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      Poi quella stessa ombra ha trasalito quasi, e s'è dileguata a un tratto dalla finestra del vostro spogliatoio, ed è solo rimasto il chiarore diffuso del globo roseo che veglia sui vostri sogni dolci e sulle vostre palpebre chiuse. Oh, struggersi e morire su quelle palpebre chiuse - perché non abbiate a temere il poi - perché duri sempre il bel sogno d'oro! Sempre! Sempre! Il poi non esiste, quando si ama. Non esiste il domani, non esiste quel ch'è stato ieri, non penso più a Casalengo. Penso a voi, e vi amo, e vi voglio, come se tutta la mia vita e l'universo intero fossero in questo momento e in questo desiderio.
      Ahimè, Riccardo, il bel sogno d'oro è finito, da che vi siete svegliato nelle mie braccia.
      Non ve ne voglio, e vi prego di non volermene. Soltanto non ostiniamoci a chiudere gli occhi, con questo bel sole che deve accompagnarvi nella vostra traversata.
      Buon viaggio, amico mio. Vi scrivo seduta a quel medesimo tavolinetto della veranda su cui posavate la vostra tazza, quando venivate a prendere il thè nel mio salotto. La signorina del N. 17 continua a strimpellare quel valzer che vi metteva di cattivo umore - Dolores, mi sembra - e anche a me, quando vi vedevo così uggito. Ma adesso, non so il perché - forse il bel sole, dopo questa eterna notte in cui m'è parso d'impazzire, forse il vostro ricordo, come che sia - mi mette in cuore delle ondate di dolcezza malinconica, specialmente alla ripresa delle prime battute che piacevano anche a voi, alle volte, nei momenti buoni.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Casalengo Riccardo