Solamente non lo chiamava più pel suo nome di battesimo:
- Povero Casalengo... Un buon amico e un uomo di mondo... Dei pochi che sappiano pigliarlo com'è, il mondo!... -
Rammentava ancora gli altri, passando in rivista delle memorie che accendevano dei punti luminosi nelle sue pupille. D'un solo non fece motto, forse perché era ancora troppo presente dinanzi ai suoi occhi, quando parevano oscurarsi a un tratto, e pareva come delle ombre livide le lambissero il viso emaciato.
Ma tornava subito gaia e sorridente, occupandosi dei suoi invitati, facendosi in quattro per pensare a tutti. Si avventurò sino all'uscio del salotto ove fumasi, col fazzoletto alla bocca, con quella gaiezza che rendeva così ospitale la sua casa.
- No, no, mi piace anzi! Fumerei anch'io, se non mi facesse tossire -. Avrebbe chiuso gli occhi, e si sarebbe lasciata soffocare per far piacere agli altri, ed avere tutte le sere la casa piena di gente sana e allegra che la facessero illudere d'esser sana e allegra lei pure. Aveva inchiodato Sansiro al pianoforte, e minacciava di fare un giro di valzer.
- No! con lei, no! giammai! - mi disse respingendomi con le braccia tese.
Sembrava proprio rivivere nel suo elemento, e parlava insino di “lasciarsi andare” a bere “qualcosa di forte” eccitandosi, colle guance già accese e il sorriso ebbro, lei che aspirava soltanto delle lunghe boccate d'etere “per tenersi su”. Però, di tanto in tanto, alla sfuggita, guardavasi furtivamente negli specchi, e l'occhiata ansiosa, quasi smarrita, tradiva l'interno sbigottimento.
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Casalengo Sansiro
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