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      S'era seduto di contro al letto; aveva fatto togliere la ventola dal lume, ed esaminava l'inferma tenendo fra le dita bianche e grassocce il polso delicato e pallido della fanciulla, ripetendo le solite domande. La contessa rispondeva con un lieve tremito nervoso nella voce; Bice, con monosillabi tronchi e fiochi, sempre fissando il medico con quegli occhi inquieti e lucenti. Nell'anticamera si succedevano gli squilli sommessi del campanello che annunziavano altre visite, e la cameriera entrava come un'ombra per annunziare all'orecchio della signora il nome degli amici intimi che venivano a chieder notizie della contessina.
      A un certo momento il dottore rizzò il capo.
      - Chi è entrato adesso nella sala accanto? - domandò con una certa vivacità.
      - Il marchese Danei, - rispose la contessa.
      - La solita pozione per questa notte, - continuò il medico quasi avesse dimenticato la sua domanda. - Bisogna osservare a che ora cadrà la febbre. Del resto, nulla di nuovo. Diamo tempo alla cura... -
      Ma non lasciava il polso dell'inferma, fissando uno sguardo penetrante sulla fanciulla, la quale aveva chinato gli occhi. La madre aspettava ansiosa.
      Un istante le pupille ardenti della figlia si fissarono in quelle di lei, e Bice avvampò subitamente in viso.
      - Per carità, dottore! per carità! - supplicava la contessa, riaccompagnando il medico, senza badare agli amici e ai parenti che aspettavano in sala chiacchierando fra di loro sottovoce. - Come ha trovato stasera la mia ragazza? Mi dica la verità!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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