Il buon uomo pigliava la cosa leggermente, per rassicurarla, ma in realtà era inquieto, e ingannandosi a vicenda con una finta gaiezza, pensavano entrambi a una minaccia più grave. Bice scriveva che stava bene, che si divertiva tanto, che era tanto felice, e più tardi accennò anche vagamente a un altro avvenimento che avrebbe affrettato il loro ritorno prima che finisse l'anno.
La contessa telegrafò di non farne nulla, di aspettare l'avvenimento là dove si trovavano, protestando che temeva per la figliuola lo strapazzo del viaggio. Piuttosto sarebbe andata lei stessa a raggiungerli. Però non andava mai, cercando mille pretesti, differendo di giorno in giorno quel viaggio, quasi le pesasse. I telegrammi si succedevano. Infine Roberto ebbe un dispaccio: - Arrivo stasera -.
La prima persona che Anna vide sul marciapiedi della stazione, giungendo, fu Roberto che l'aspettava, solo. Ella si premeva con forza il manicotto sul cuore, quasi le mancasse il respiro. Il marchese le baciò la mano, sul guanto, e le diede il braccio, mentr'essa balbettava:
- Bice?... Come sta? -
Fuori era fermo il piccolo coupé del marchese, col servitore accanto allo sportello. Ella esitò un istante, al momento di montare insieme a lui. Poi si strinse nel suo cantuccio, chiusa nella pelliccia, col velo sul viso.
- Bice sta bene, - rispondeva lui, -...per quanto è possibile... Sarà tanto contenta! - Sembrava che cercasse le parole, col viso rivolto allo sportello, impaziente d'arrivare. Sfilavano le case e le botteghe illuminate.
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Roberto Anna Roberto
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