Che me ne importa? Io voglio dormire, voglio dormire soltanto. Voi siete bella, sana, giovane, ricca. Avete lì San Mauro ai vostri piedi, Giuliano che vi fa ridere, il duca che vi manda delle violette da Nizza. Lasciatemi in pace.
Vedete, è un'ora che vi scrivo. Il sole m'ha lasciato adagio adagio, e col sole le liete fantasie che suscitava la vostra memoria. Ora ho freddo, e la nebbia è calata anche su di voi. Che colpa ne ho io? Se vedeste com'è triste questo mare che illividisce, e questo verde che si fa scuro! Sento il bisogno del bel fuoco che scoppietta nel camino, e del buon brodo che fuma nella tazza. Se stanotte potessi dormire senza cloralio, quanto sarei felice! Vedete quanto poco ci vuole per avere la felicità? Il dottore m'assicura che sto meglio, e che forse fra un mese o due potrò lasciare Sorrento... Giacché dovete sapere che odio Sorrento, odio questo mare, questo cielo, questo verde implacabile, in mezzo al quale sono costretto a vivere, se voglio vivere. Ora difatti mi sento meglio, ho pensato a voi, ho riletto le vostre lettere, ho sentito rifiorire in me qualcosa del passato che credevo morto, e che mi rianima invece, e mi riscalda. Dunque anch'io posso rivivere? Allora, allora... No, non voglio pensare ad altro. Il medico dice che mi fa male. Il mio male siete voi. Non mi importa più di nulla, capite! Sentite... siete già in collera? Vi chiedo perdono. Sono un uomo dell'altro mondo: eccovi spiegato il motivo del mio silenzio. Non pensate più a me. Se mi vedeste ora, volgereste il capo dall'altra parte.
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