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      Lasciatemi in pace.
     
     
      Sorrento, 25 marzo
     
      È proprio vero. Sto meglio, son quasi guarito, sapete? Il male non era così grave come si temeva. Chi ne sa nulla? Questi medici, dottoroni! non lo sanno neppur loro. Certo è che son guarito, guarito! Oggi ho fatto una lunga passeggiata a piedi. Che bel sole! che bel verde! Quella ragazza che mi vende le viole ha detto che non mi ha mai visto così di buona cera. Anche qui si fa la corte, come laggiù la fanno a voi, e non potete immaginare quanto sia ingenua e credula la civetteria dei malati. Le ho dato venti lire. Quanta gente si può far contenta con venti lire. Ho portato il plaid sul braccio, tutto il dopo pranzo.
      C'è un povero storpio che suona da un'ora il valzer di Madama Angot sotto le mie finestre. Sì, quella musichetta gaia può avere il suo merito anch'essa quanto il vostro Chopin e il vostro Mendelssohn. Le belle sere passate nel vostro salottino, guardandovi le mani e accarezzandovi i capelli! Non mi sgridate. Sono un gran colpevole che vi domanda perdono e viene a picchiarsi il petto dietro la vostra porta. Dove siete? Che avete pensato di me? Ero tanto lontano da voi, tanto! Ed ora desidero tanto di rivedervi! Basta, non ne parliamo. Non me lo merito, lo so. L'avete ancora quel serpentello d'oro al braccio? Come mi farebbe bene una bella chiacchierata con voi, di quelle chiacchierate che sapete fare, mezzo sdraiata sulla poltrona, e colle scarpette accavalciate l'una sull'altra! Sono circa sei mesi che non parlo. E vedete, che perciò chiacchiero, chiacchiero per lettera, e vi corro dietro con la mente, e con qualche altra cosa anche, qui nel petto.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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