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      Era un gran regalo quando egli rispondeva al saluto toccando con due dita la tesa del cappello. Se nasceva una lite in teatro, e venivano fuori i coltelli, bastava che don Candeloro si mostrasse fra le quinte, e dicesse: - Ehi ragazzi!... - con quella bella voce grassa.
      Giacché s'era fatta anche la voce, come il gesto e la parlata, sul fare dei suoi “personaggi” e pareva di sentire un Reale di Francia anche se chiamava il lustrastivali dal terrazzino.
     
      Con queste doti innamorò la figliuola di un oste che teneva bottega lì accanto. La ragazza era bruttina, ma aveva una bella voce, e doveva avere anche un bel gruzzolo. - La voce è tutto! - le diceva don Candeloro sgranandole gli occhi addosso, e accarezzandosi il pizzo. - Grazia! Che bel nome avete pure! - Andava spesso a far colazione all'osteria per amore della Grazia, e le confidò che pensava d'accasarsi, dacché aveva voltato le spalle alla vecchia baracca del padre, e messo su di nuovo teatro che rubava gli avventori al SAN CARLINO, e al TEATRO DI MARIONETTE. Si mangiavano fra di loro come lupi, padre e figlio, e i suoi colleghi erano giunti ad ordirgli la cabala, e fargli fischiare la Storia di Buovo d'Antona. - Spenderò i tesori di Creso! - aveva fatto voto quel dì don Candeloro battendo il pugno sulla tavola. - Ma non son chi sono se non li riduco a chiuder bottega tutti quanti! -
      Lui con dei contanti avrebbe fatto cose da sbalordire. Insino il balletto e la pantomima avrebbe portato sul suo teatro; tutto colle marionette. - Ci aveva qualcosa lì! - e si picchiava la fronte dinanzi alla Grazia, fissandole gli occhi addosso come volesse mangiarsela, lei e la sua dote.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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