Finalmente spiantò davvero il teatro, mise ogni cosa su di un carro, e via di notte, per non dar gusto ai nemici. L'oste prese lui a pigione il magazzino per metterci delle botti, e allargare il negozio, ora che la figliuolanza era cresciuta.
- Te l'avevo detto, - disse alla Grazia. - Quello non è mestiere da cristiani. Se fossi rimasta a vendere del vino. non saresti ridotta adesso a far la zingara. Ben ti stia! -
Don Candeloro viaggiò per valli e per monti, come i cavalieri antichi, con tutto il suo teatro ammucchiato in un carro, e la moglie e i figliuoli sopra. Il guaio era che non si trovava con chi combattere. Quei contadinacci ignoranti ed avari, sfogata la prima curiosità, voltavano le spalle alle “marionette parlanti” o s'arrampicavano sul tetto del teatrino per godersi la rappresentazione gratis. Arrivando in un villaggio, don Candeloro scaricava la roba sulla piazza, pigliava in affitto una bottega, un magazzino, una stalla, quel che trovava, e si mettevano a inchiodare e incollare tutti quant'erano. Le stagioni duravano otto, quindici giorni, un mese, al più. Dopo, si tornava da capo a correre il mondo, e in quel va e vieni la roba andava in malora; si mangiavano ogni cosa le spese d'affitto e di viaggio, con dei carrettieri ladri ch'erano peggio dei saracini, e non usavano riguardi neanche a Cristo. Don Candeloro, avvezzo ad essere rispettato come un Dio da simile gentaglia, voleva farsi ragione colle sue mani, in principio, sinché si buscò una grandinata di calci e pugni.
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