Diciamo cinque figliuoli, però uno di essi veramente era figlio non si sa di chi, raccolto da don Candeloro sulla pubblica via per carità, ed anche perché aiutasse a lavare i piatti, suonar la tromba e chiamar gente, vestito da pagliaccio, all'ingresso del teatro.
- Martino, fate vedere i vostri talenti, e ringraziate questi signori -.
Martino voltava la groppa, si buttava a quattro zampe e imitava il raglio dell'asino.
Egli era il buffo della Compagnia, faceva il solletico alle donne, e andava a cacciare il naso fra le assi del dietro scena, mentre si vestivano per la farsa. Colla ragazza poi inventava cento burlette che la facevano ridere, e le mettevano come una fiamma negli occhi ladri e sulla faccia lentigginosa.
- Be', Violante, vogliamo rappresentare al vivo la scena fra Rinaldo e Armida? -
Una volta che don Candeloro lo sorprese a far la prova generale colla sua figliuola, la quale si accalorava anch'essa nella parte, e abbandonavasi su di un mucchio di cenci, quasi fossero le rose del giardino incantato, amministrò a tutti e due tal salva di calci e schiaffi da farne passare la voglia anche a dei gatti in gennaio. - Ah bricconi! Ah traditori! V'insegno io!... - La Violante ne portò un pezzo il segno sulla guancia. Ma ormai aveva preso gusto alle monellerie di Martino, sicché andava a cercarlo apposta dietro le quinte, fra le scene arrotolate, e i cassoni delle marionette, mentre lui smoccolava i lumi per la rappresentazione della sera, o soffiava sotto la marmitta posta su due sassi, nel cortiletto.
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