- si udì gridare don Candeloro colla sua voce naturale.
Il pubblico si mise a strepitare. Dei burloni che avevano adocchiato qualche bella ragazza nei primi posti, cominciavano a spegnere i lumi. - Fermi! Ehi! Non facciamo porcherie! - gridavano altri. Nella baraonda si udì il correre dei questurini, che le orecchie esercitate riconobbero subito al rumore degli stivali.
- Musica! musica! Non è niente! niente! -
Ma non ce ne fu bisogno. Guerino tornò in scena, piegandosi in due ad inchinare gli spettatori, e dall'altra parte comparve immediatamente la Fata Alcida, “di tanta bellezza adorna che la sua faccia splendeva come un sole” come spiegava a voce don Candeloro, il quale accese in quel punto un po' di magnesio, che fece un bel vedere sull'armatura di latta del Meschino, e il manto della fata tutto a draghi e bisce d'orpello.
- Bravi! bis! - gridarono i compari, che non ne mancavano.
Si sarebbe udita volare una mosca. Da un canto il Guerino, che faceva orecchio di mercante alle seduzioni della Fata, e lei che ostinavasi a riscaldare in lui “le ardenti fiamme d'amore” diceva colla sua stessa bocca, e con certi atti di mano anche, tanto che il Meschino dimenavasi tutto con un suon di ferraccia, e lasciava intender chiaramente “che se Dio per la sua grazia non gli avesse fatto tenere a mente gli avvertimenti dei tre santi Romiti di certo sarìa caduto”. La gente si sentiva drizzare i capelli in testa. Uno di lassù, nei posti da un soldo, gridò inferocito:
- Guardati, Meschino! Tradimento c'è! -
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