A casa trovò una lavata di capo per l'ora tarda, e andò a letto senza cena. Il povero giovane passò una notte deliziosa, cogli occhi sbarrati nel buio, a veder pettini di tartaruga e occhiate lucenti che illuminavano la camera. Appena uscito, il giorno dopo, provò subito una smania di correre dall'amico Renna.
- Una divinità, caro mio! Una cosa da ammattire! -
Renna, ch'era indiscreto, volle sapere a che punto fossero le cose, e lo costrinse a inventare dei particolari.
- Benone! - conchiuse. - Sai però cosa ti dico? Alla lesta! Non perdere il tempo a filare il sentimento. Già è donna di teatro; non ti dico altro!
- Io?... Filare il sentimento?... - borbottò Gaetanino, quasi reputandosi offeso. - Vedrai!...
Ma il signor Olinto era lì ogni sera, a fumare la pipa e centellinare il vino dell'amicizia. Quando lui usciva a prender aria poi, la mamma, che stava appisolata in un cantuccio, collo scaldino sotto le sottane, apriva un occhio. Filavano le occhiate, del resto, che era uno struggimento, e le pedate sotto la tavola, e il fuoco e l'accento di certe frasi, alle prove:
Io ti guardo negli occhi che son tanto belli!!!
- Così - esclamava il capocomico, picchiando della mazza per terra. - Faremo saltare in aria il teatro! -
Intanto quel briccone di Barbetti metteva dei bastoni nelle ruote. Erano giunte due copie della Frusta teatrale con un articolaccio che diceva ira di Dio della camorra letteraria ed artistica, e fecero il giro del paese. La pianta del teatro rimaneva mezzo vuota. Don Gaetanino, per onore di firma, dovette prendere un palco ad insaputa del genitore.
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