C'erano pure delle altre nubi in quel cielo azzurro. Il vino vecchio scorreva com'olio; e l'amico Olinto qualche volta, conducendolo a braccetto per le strade remote, gli faceva delle confidenze:
- Sono sulle spese... Otto giorni inoperoso sulla piazza... La recita non va... - Don Gaetanino dovette carpire le chiavi del magazzino e vendere del grano di nascosto.
Intanto il capocomico, per rabbonire il corrispondente della Frusta teatrale e dell'Ape dei teatri, aveva tirato in casa pur lui, a studiare Vittoria Colonna, insieme alla sua signora e alla ragazza. Quando don Gaetanino trovò anche Barbetti installato accanto alla Rosmunda, col cappellaccio in testa e il bicchiere in mano, fece tanto di muso, e andò a sedere in disparte.
- Lei mi deve fare entrare Vittoria alla terza scena - stava dicendo il capocomico. - C'è più interesse e movimento. Un valletto solleva la tenda, giusto all'ultima battuta mia: “sulla tua corona superba, il mio piede sovrano di pezzente!...” e comparisce lei, bella, maestosa, imponente... -
E così dicendo additò la sua signora. Costei al richiamo spalancò gli occhi di botto, e si rizzò sulla vita, col viso di tre quarti, e un sorriso sospeso all'angolo della bocca. Rosmunda finse di dover andare di là, e passando vicino a don Gaetanino disse piano:
- Che seccatore!...
- No! - ribatté Barbetti solennemente. - Non muto neppure una virgola! Mi farei tagliare la mano piuttosto!
- Ah! Bene! bene! Questo si chiama aver coscienza artistica! Non come tanti altri che magari vi aggiungono o tagliano degli atti intieri.
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