- Quel seccatore!... L'ho sempre fra i piedi! -
Le prove tiravano in lungo, come la vendita dei biglietti per la serata. Il signor Olinto passava le giornate dal barbiere, al caffè, nelle spezierie, dando anche la sera una capatina nel Casino di conversazione, cavando fuori ogni momento la pianta, fermando la gente per le strade col cappello in mano. Aveva pure radunata una Commissione, “senza colore politico”, per proteggere la serata, il presidente della Società operaia insieme al vice pretore, i quali avevano accettato soltanto per godersi la Partita a scacchi gratis. A Barbetti poi diceva, con una strizzatina d'occhi che doveva chetarlo:
- Abbi pazienza! Prima bisogna adescare il pubblico con quella roba lì! Più tardi poi... se abboccano... fuoco alla grossa artiglieria! E diamo mano all'arte sul serio! -
Perciò ogni mattina alle 10, tutti in teatro per le prove: lui gesticolando colla canna d'India in mano e predicando dentro il bavero di pelo; la sua signora, come una marmotta, colla sciarpa di lana intorno al capo; Rosmunda col nasino rosso sul manicotto di pelle di gatto, e la veletta imperlata dal freddo.
- Là! Fatemi suonare quei versi! -
Oh! Ma non sai, Jolanda, che ho giuocato la vita?
- Flon! flon! flon! La gamba un po' più avanti! La mani sul petto! Viva quella mano, perdio! che palpiti e frema! Tu sei innamorato della mia ragazza... -
Il fatto è che a dirglielo in versi dinanzi a tanta gente, don Gaetanino diventava un minchione. C'erano pure gli altri dilettanti, in posizione, ad aspettare la loro battuta colla bocca mezzo aperta, e il cappellaccio di Barbetti che andava svolazzando al buio per la platea, come un uccello di malaugurio.
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