Appena i tre violini della Filarmonica attaccarono il valzer di Madama Angot, essa stessa si buttò singhiozzando nelle braccia di Paggio Fernando, il quale aspettava dietro una quinta, irrigidito, e lo baciò sulla bocca, lievemente, tenendolo discosto per non sciupare il belletto.
- Che hai, Rosmunda?...
- Ora andremo via... fra qualche giorno!... Non ci vedremo più! -
Comparve all'improvviso il babbo, come uno spettro, infarinato, bianco di pelo, colle calze bianche della moglie tirate sulle polpe, e due ditate nere sotto gli occhi: - Ragazzi! attenti! Fuori di scena! -
Andò a rotta di collo la Partita a Scacchi. Sia che ci fosse “il partito contrario”; sia che Paggio Fernando, con quei stivaloni e quella penna di struzzo dinanzi agli occhi, perdesse la tramontana. Incespicò, s'impaperò, batté i piedi in terra, tornò da capo: insomma un precipizio. L'amico Olinto, bestemmiando nel barbone di bambagia, gli faceva degli occhiacci terribili. Jolanda fu lì lì per isvenire. Barbetti e tre o quattro amici suoi dal cappellaccio repubblicano, in piedi addirittura fischiavano come locomotive. La mamma di don Gaetanino e tutto il parentado se ne andarono prima che calasse la tela. Il Sindaco, furibondo, voleva fare arrestare tutti quanti.
Ma fu peggio il giorno dopo, quando il povero innamorato, di sera, pigliando le strade fuori mano, andò a trovare la Rosmunda, con tanto di muso e bisbetica, che gli fece appena la carità di un'occhiata e di una parola. Meno male l'amico Olinto, che non ne parlava più e badava soltanto a fare i conti dello spesato, e con Barbetti, il quale prometteva mari e monti, e aveva di nuovo intavolato il discorso della Vittoria.
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