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Don Gaetanino Longo rimase Paggio Fernando: nel paese, all'Università, più tardi, quando vinse il concorso di notaio, consigliere comunale, maritato, padre di famiglia: Paggio Fernando! E la moglie, per giunta, gelosa come una tigre per quel soprannome che gli faceva sospettare non so che infedeltà.
Dopo un gran pezzo, a Roma, dove aveva accompagnato il Sindaco per certo affare del municipio, rivide in teatro la Rosmunda, acclamata, festeggiata, tutti gli occhi su di lei, tutte le mani che l'applaudivano. Provò un tuffo nel cuore, soffiandosi il naso come una trombetta, coi lucciconi di tanti anni addietro che gli tornavano agli occhi. Ma Renna, segretario comunale, ch'era con lui nello stesso palco, se la rideva invece nella barba grigia; e Severino, il suo ragazzo, di già alto così, gli fece capire quant'era sciocco.
- Guarda, papà che piange! Se è tutta una finzione!... -
I ragazzi al giorno d'oggi hanno più giudizio dei vecchi.
LA SERATA DELLA DIVA
- Sublime!... impareggiabile!... divina!... - acclamarono in coro gli ammiratori della seratante ammessi all'onore d'esprimerle a viva voce i loro entusiasmi.
- Celeste! - le soffiò sulla nuca Barbetti, il cronista teatrale.
La divina, imbacuccata nella pelliccia preziosa che la cameriera le aveva buttato premurosamente sulle spalle appena fra le quinte, ansante, col viso acceso, passò modestamente orgogliosa in mezzo alla folla degli amici che le facevano ala sino all'uscio del camerino, ringraziando col sorriso distratto i suoi ammiratori.
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