E sentiva a momenti in quel trionfo di sé, in quell'orgoglio sconfinato del suo io, una tenerezza, una gratitudine, una simpatia, un'indulgenza per tutti gli omaggi che erano venuti a lei, comunque fossero, da qualunque parte venissero, e che si personificavano in tanti ricordi, in tante date, dei momenti deliziosi, delle parole che le avevano fatto palpitare il cuore un momento, di qua e di là... Chi poteva rammentarsi? Delle fisonomie e dei lembi di paesaggio le tornavano dinanzi agli occhi, di tanto in tanto: dei visi che dovevano turbarsi anch'essi, quando leggevano il suo nome nelle gazzette sparse ai quattro venti della terra, o il suo ritratto, sparso anch'esso ai quattro venti della terra, tornava a cadere loro sott'occhio. L'avevano tutti, il suo ritratto, nel giornale illustrato, nella vetrina dell'editore, sulle cantonate della via; i fotografi lo tiravano a centinaia di dozzine, ed essa se lo lasciava dietro, in ogni città, a dozzine intere, per tutti quanti, come dava a tutti quanti i tesori del suo canto, le emozioni della sua anima, i segreti della sua bellezza. Perché accordare delle preferenze
quando aveva bisogno dell'ammirazione di tutti? Perché imporsi certi riserbi, vincolare il suo cuore o il suo capriccio, se doveva mutare amici e paese a ogni mutar di stagione, se nessuno le sarebbe stato grato della costanza, se la sua dignità stessa di donna doveva essere diversa da quella delle altre? E una malinconica dolcezza le veniva da tanti ricordi confusi, nello stordimento e nella vaga lassezza di quell'ora.
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