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      Tutti quanti scoppiarono a ridere, compresa la signora Celeste, quasi Barbetti avesse spacciato la panzana più matta. Il principe assentì anche col capo. In quella fece capolino all'uscio un inserviente del palcoscenico, sorridendo alla seratante come uno che aspetti la mancia anche lui, porgendole a mano un biglietto da visita.
      - C'è questo signore... Dice che la conosce tanto... -
      L'attrice studiava il biglietto, cercando di rammentarsi quel nome, quando entrò il signore che essa conosceva tanto, un bel giovane forestiero, riccioluto e azzimato all'ultima moda, il quale però rimase un po' male, trovandosi a un tratto in sì bella compagnia, al cospetto della diva in soglio che lo guardava d'alto in basso, per raccapezzarsi, e di tutta la sua corte.
      - Scusatemi, Celeste... - balbettò lui. - Ho letto sui giornali... Presi subito il treno... Non potevo immaginare una cosa simile... -
      E com'ella seguitava a guardarlo in quel modo imbarazzante, senza rispondere, in mezzo al silenzio ostile di tutto l'uditorio, il povero giovane perse del tutto la tramontana, cercando d'aiutarsi alla meglio.
      - Ettore... Ettore Baroncini di Sinigaglia... Vi rammentate... per la fiera?
      - Ah!... - fece lei. - Oh! -
      Ettore Baroncini, incoraggiato dai due monosillabi insidiosi, si lasciò sfuggire:
      - N'è passato del tempo, eh! -
      Non aggiunse altro, mortificato del sorriso glaciale di lei, che riprese immediatamente a discorrere col principe, volgendo le spalle all'amico Baroncini e alla fiera di Sinigaglia, con un certo sorriso fine per giunta, che aveva tutta l'aria d'essere dedicato a lui, e che gli tolse il coraggio finanche d'andarsene insalutato ospite, e lo inchiodò al posto in cui era.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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