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Le avevano pure fatto una gran festa all'uscire dal monastero, tutti i parenti, anche quelli di lui. Il babbo era tanto contento quella sera! I dispiaceri e i bocconi amari se li teneva per sé, il poveretto. Per gli altri invece aveva fatto preparare dolci e sorbetti che Dio sa quel che gli erano costati. Dio e lui solo! E nessun altro. - Né la ragazza per cui si faceva la festa, né il giovane che le avevano fatto sedere allato. - Se don Giacomino avesse sospettato in quel momento quanti pasticci c'erano in quella casa, e come la dote che gli avevano promessa tenesse proprio al filo della buona o cattiva annata, avrebbe preso il cappello e sarebbe andato via, senza curarsi di far più l'innamorato.
E sarebbe stato meglio; ché allora la giovinetta non aveva ancora messa tutta l'anima sua in quel giovine, al vederlo tutti i giorni, quasi fosse già uno della famiglia, che veniva a farle visita, quasi anche lui non potesse stare un giorno senza vederla, e si metteva a sedere accanto a lei, e le diceva tante cose sottovoce. E la mamma era contenta lei pure, e aspettava anche lei l'ora in cui egli soleva venire, e adornava colle sue mani la sua creatura. Le avevano fatta una veste nuova color tortorella; l'avevano pettinata alla moda, colla divisa in mezzo. Allora aveva dei bei capelli castagni, che gli piacevano tanto a lui. Le diceva che sarebbe stato peccato doverli tagliare per farsi monaca. Discorreva anche di tante altre cose, con la mamma o col babbo, di ciò che gli avrebbe assegnato suo padre, del come intendeva far fruttare la dote che gli avevano promesso, del modo in cui voleva che andasse la casa e tutto.
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Dio Giacomino
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