Non posso, proprio!... Un momento. Vado e torno -.
Tornò invece il notaio Zurlo, a restituire i regali che venivano dalla sposa: il berretto di velluto e pantofole ricamate, facendo il viso compunto per procura del figliuolo, un viso fra il padre nobile e il burbero benefico, tornando a dire anche lui: - Mi dispiace davvero!... Era il mio più gran desiderio. Ma voi non ci avete colpa, donna Agnesina!... Ne troverete degli altri coi vostri meriti... -
E volle lasciarle anche una carezza paterna sulla guancia, con due dita, sorridendo bonariamente.
Ma come vide barcollare la ragazza, bianca al par di un cencio, si asciugò persino gli occhi col fazzoletto e conchiuse:
- Che disgrazia, figliuola mia!... Scusate se vi chiamo così. Vi tenevo già per figlia mia!... Che crepacuore mi avete dato... -
Ecco com'era venuta la vocazione alla povera donna Agnese. Il cappellano del monastero la citava in esempio alle altre novizie che mostravansi sbigottite nel punto di pronunciare i voti solenni: - Guardate suor Agnese Arlotta! Specchiatevi su di lei che ha provato quel che c'è nel mondo. C'è l'inganno e la finzione. - Imbrogliami che t'imbroglio. - Una cosa sulle labbra e un'altra nel cuore. - E poi che resta alla fine di tante angustie, di tanti pasticci? Un pugno di polvere! Vanitas vanitatum!... -
Così, a poco a poco, la poveretta s'era distaccata completamente dalle cose terrene, e s'era affezionata invece all'altare che aveva in cura, al confessore che la guidava sul cammino della salvazione, al cantuccio del dormitorio dov'era il suo letto da tanti anni, al posto che occupava al coro e nel refettorio, al suono della campana che regolava tutte le sue faccenduole, sempre eguali, alle pietanze che tornavano invariabilmente secondo il giorno della settimana, alla stessa ora, nello stesso piatto.
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