Appena la stagione comincia a farsi mite e il ciglio dei fossati a verdeggiare, tutti corrono fuori del dazio, a godersi il verde sminuzzato a quadretti, e ad empirsi i polmoni di polvere. Codesto è il motivo di tante osterie di campagna, di tante isole, di tanti giardini piantati in botti da petrolio. Allora le strade melanconiche, i ciglioni intristiti, i quadrelli di verdura pallida formicolano di un'altra vita, risuonano di organetti, di chitarre, di allegria chiassosa e bonaria.
L'uniformità del fondo dà alcunché di piccante alla varietà delle macchiette. Qui il paesaggio, in un orizzonte sconfinato, è circoscritto costantemente fra due file di alberi, lungo due muri polverosi, fra le sponde di un canale diritto, smorto, che sembra immobile, ombreggiato dacché spuntano i primi germogli sinché cadano le ultime foglie, e i raggi del sole non hanno più colori né festa. La mucca che leva il muso grondante d'acqua, un gruppo di contadine che lavorano nei campi, e mettono sul prato la nota gaia delle loro gonnelle rosse, la carretta che va lentamente per la stradicciuola, un desco zoppicante sotto il pergolato di un'osteria, coll'operaio in maniche di camicia, e la sua donna coi gomiti sulla tovaglia e gli occhi imbambolati, due cavalli da lavoro accanto a una carretta colle stanghe in aria, davanti a una porta chiusa, sono tutti i quadri della campagna milanese, su di un fondo uniforme. Lo spettacolo grandioso di un tramonto bisogna andare a vederlo in Piazza d'Armi, su quella bella spianata che corre dal Castello all'Arco del Sempione; e tuttavia l'effetto più grandioso gli viene dalle linee stupende del monumento, sul fondo opalino, e da quei cavalli di bronzo che si stampano come una visione del bello dell'arte, in alto, nella gloria degli ultimi raggi.
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