- gli disse il vetturale. Compare Menico fece cenno di sì, ridendo sempre fra di sé.
La casa era in fondo al paese. Passò la fontana; passò la piazza; passò la beccheria, dove c'era gente che comprava carne, e da per tutto, a ogni cantonata, gli altarini parati a festa, cogli aranci e le ostie colorate. Nelle case il suono delle cornamuse metteva allegria.
In fondo al vicoletto del Gallo si udiva un gridìo di ragazzi che giuocavano alle fossette, colle mani rosse. Compar Menico guardava la finestra, da lontano, per vedere se sua moglie l'aspettava. Ma la finestra era chiusa. C'erano comare Lucia a sciorinare il bucato, e comare Narcisa, che filava al ballatoio per fare la gugliata lunga. Lo sciancato andava zoppiconi a raccogliere le galline che fuggivano schiamazzando.
Compare Menico posò la bisaccia, che gli pesava, e sedette ad aspettare accanto all'uscio chiuso, senza accorgersi delle vicine che ridevano dei fatti suoi, nascoste dietro l'impannata. Aspetta e aspetta, infine lo zio Sandro mosso a compassione gli si accostò passo passo, col fare indifferente e le mani dietro la schiena.
Dopo un pezzetto che stavano seduti accanto colle gambe larghe, guardando di qua e di là, lo zio Sandro domandò;
- Che aspettate la zia Betta, compar Menico?
- Sissignore, vossignoria. Son venuto a fare il Natale.
E vedendo che avrebbe aspettato fino al giorno del giudizio, lo zio Sandro si decise a dirgli:
- O che non sapete nulla, dunque?
- Nossignore, zio Sandro. Che cosa devo sapere?
- Che vostra moglie se n'è andata con Vito Scanna, e si è portata via la chiave -.
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