Tornavano indietro contadini frettolosi, spingendosi innanzi le loro bestie, spiando il cammino con occhio inquieto. Una comare che s'era fermata un momento a metter gił la cesta e ripigliar fiato, disse stendendo il braccio a indicar laggił, verso la cittą; - Vengono!... I soldati!... La cavalleria!... -
Pił tardi erano passati dei soldati infatti: cacciatori neri, fantaccini di cui i calzoni rossi facevano come una ondata di sangue, nella via bianca, e per tutta la strada, di qua e di lą, non si udiva altro che il tintinnio delle armi, in cadenza col passo grave e uniforme della moltitudine. Neppure le galline s'erano arrischiate nell'aia, dinanzi al cortile, per paura del sacco e fuoco che dicevano. Compare Nunzio, colle spalle appoggiate al muricciuolo, stava a guardia del suo orto. Alla Lia, che s'era affacciata all'uscio, venuta l'ora di mangiare un boccone, aveva risposto di no, col capo.
Era pił di un'ora che passavano dei soldati, prima in folla, come un armento in mezzo al polverone; poi a gruppi di dieci o venti, alla spicciolata, col fucile a bandoliera, e il chepģ sulla nuca, stanchi e trafelati. Alcuni chiedevano dell'acqua, rossi pavonazzi dall'arsura. Uno, stanco morto, s'era messo a sedere all'ombra del mandorlo, col fucile fra le gambe. - Vieni tanto da lontano? - gli chiese compare Nunzio. L'altro levņ il capo e lo guardņ cogli occhi azzurri come il fiore del lino, senza comprendere e senza rispondere. Aveva i capelli biondi come le spighe, e una carnagione bianca di fanciullo o di donna, dove non era arsa dal sole, sotto il collarino di cuoio, e l'uniforme sbottonata.
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Nunzio Lia Nunzio
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