Ella lo sapeva benissimo quello che volevano certi mangiacarte che non avevano calze sotto gli stivali inverniciati, e cercavano di ficcarsi in casa della gente per papparsi la dote e la figliuola: «Bella, non voglio te, voglio i tuoi soldi». Per questo aveva lasciata a casa sua figlia Barbara. — Quelle facce lì non mi piacciono.
— A chi lo dite! esclamò padron Cipolla; a me mi scorticano vivo come san Bartolomeo.
— Benedetto Dio! esclamò mastro Turi Zuppiddu, minacciando col pugno che pareva la malabestia del suo mestiere. Va a finire brutta, va a finire, con questi italiani!
— Voi state zitto! gli diede sulla voce comare Venera, ché non sapete nulla.
— Io dico quel che hai detto tu, che ci levano la camicia di dosso, ci levano! borbottò compare Turi, mogio mogio.
Allora Piedipapera, per tagliar corto, disse piano a padron Cipolla: — Dovreste pigliarvela voi, comare Barbara, per consolarvi; così la mamma e la figliuola non si darebbero più l'anima al diavolo.
— È una vera porcheria! esclamava donna Rosolina, la sorella del curato, rossa come un tacchino, e facendosi vento col fazzoletto; e se la prendeva con Garibaldi che metteva le tasse, e al giorno d'oggi non si poteva più vivere, e nessuno si maritava più. — O a donna Rosolina cosa gliene importa oramai? susurrava Piedipapera. Donna Rosolina intanto raccontava a don Silvestro le grosse faccende che ci aveva per le mani: dieci canne di ordito sul telaio, i legumi da seccare per l'inverno, la conserva dei pomidoro da fare, che lei ci aveva un segreto tutto suo per avere la conserva dei pomidoro fresca tutto l'inverno.
| |
Barbara Cipolla Bartolomeo Dio Turi Zuppiddu Venera Turi Piedipapera Cipolla Barbara Rosolina Garibaldi Rosolina Piedipapera Rosolina Silvestro
|