Allora si misero a fare il conto sulle dita di quel che avrebbe potuto vendersi la casa, coll'orto, e tutto.
— Né la casa né la barca si possono vendere perché ci è su la dote di Maruzza, diceva qualchedun altro, e la gente si scaldava tanto che potevano udirli dalla camera dove stavano a piangere il morto. — Sicuro! lasciò andare alfine don Silvestro come una bomba; c'è l'ipoteca dotale.
Padron Cipolla, il quale aveva scambiato qualche parola con padron 'Ntoni per maritare Mena con suo figlio Brasi, scrollava il capo e non diceva altro.
— Allora, aggiunse compare Cola, il vero disgraziato è lo zio Crocifisso che ci perde il credito dei suoi lupini.
Tutti si voltarono verso Campana di legno il quale era venuto anche lui, per politica, e stava zitto, in un cantuccio, a veder quello che dicevano, colla bocca aperta e il naso in aria, che sembrava stesse contando quante tegole e quanti travicelli c'erano sul tetto, e volesse stimare la casa. I più curiosi allungavano il collo dall'uscio, e si ammiccavano l'un l'altro per mostrarselo a vicenda. — E' pare l'usciere che fa il pignoramento! sghignazzavano.
Le comari che sapevano delle chiacchiere fra padron 'Ntoni e compare Cipolla, dicevano che adesso bisognava farle passare la doglia, a comare Maruzza, e conchiudere quel matrimonio della Mena. Ma la Longa in quel momento ci aveva altro pel capo, poveretta.
Padron Cipolla voltò le spalle freddo freddo, senza dir nulla; e dopo che tutti se ne furono andati, i Malavoglia rimasero soli nel cortile.
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