Alfio le andava snocciolando la litania di tutte le ricchezze di Brasi Cipolla, il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano cogli occhi. La Mena stava ad ascoltare con tanto d'occhi anche lei, e all'improvviso lo piantò con un bel saluto, e se ne entrò nell'orto. Alfio, tutto infuriato, corse a lagnarsi colla Vespa che gli dava a bere di tali bugie, per farlo litigare colla gente.
— A me l'ha detto lo zio Crocifisso; rispose la Vespa. Io non ne dico bugie!
— Bugie! bugie! borbottò lo zio Crocifisso. Io non voglio dannarmi l'anima per coloro! L'ho sentito dire con queste orecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotale, e che sulla casa c'è il censo di cinque tarì all'anno.
— Si vedrà! si vedrà! un giorno o l'altro si vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie, — seguitava la Vespa, dondolandosi appoggiata allo stipite, colle mani dietro la schiena, e intanto lo guardava cogli occhi ladri. — Voi altri uomini siete tutti di una pasta, e non c'è da fidarsi.
Lo zio Crocifisso alle volte non ci sentiva, e invece di abboccar l'esca seguitò a saltar di palo in frasca, e a parlare dei Malavoglia che badavano a maritarsi, ma a quel discorso delle quarant'onze non ci pensavano neppure.
— Eh! saltò su infine la Vespa, perdendo la pazienza, se dassero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più nessuno!
— A me non me ne importa che si maritino. Io voglio la roba mia. Ma del resto non me ne importa.
— Se non ve ne importa a voi, c'è a chi gliene importa! sentite?
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