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      — Brava, e chi lo fa il segretario? chi lo sa fare? Tu o io, o padron Cipolla? sebbene sputi sentenze peggio di un filosofo!
      Allora la Betta non seppe più che dire, e si sfogò a scaricare ogni sorta d'improperi alle spalle di don Silvestro, ch'era il padrone del paese, e se li teneva tutti in tasca.
      — Brava, soggiunse Baco da seta. Ecco, se non c'è lui io non so cosa dire. Vorrei vederci te nei miei panni!
      Finalmente arrivò don Silvestro, colla faccia più dura del muro, le mani dietro la schiena, e zufolando un'arietta. — Eh, non vi perdete d'animo, mastro Croce, che non casca il mondo per questa volta! — Mastro Croce da don Silvestro si lasciò menar via e metter alla tavola d'abete del consiglio, col calamaio davanti; ma dei consiglieri non c'erano altri che Peppi Naso il macellaio, tutto unto e colla faccia rossa, che non aveva paura di nessuno al mondo, e compare Tino Piedipapera. — Quello lì non ha nulla da perdere! vociava dall'uscio la Zuppidda, e ci viene per succhiare il sangue alla povera gente, peggio di una sanguisuga, perché vive alle spalle del prossimo, e tiene il sacco a questo e a quello per fare le birbonate! Razza di ladri e di assassini!
      Piedipapera, sebbene volesse far l'indifferente, pel decoro della carica, finì col perdere la pazienza, e si rizzò sulla gamba storta, gridando a mastro Cirino, l'inserviente comunale, il quale era incaricato del buon ordine, e per questo ci aveva il berretto col rosso quando non faceva il sagrestano: — Fatemi tacere quella linguaccia là.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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