— Ora dei denari che ci vogliono per Piedipapera ne abbiamo la metà, e alla salatura delle acciughe pagheremo anche il resto.
Alfio a quel discorso lasciò l'asino in mezzo al cortile, e venne sulla strada. — Allora vi maritano dopo Pasqua?
Mena non rispose. — Ve l'avevo detto io! aggiunse compare Alfio. — Li ho visti parlare io padron 'Ntoni con padron Cipolla.
— Sarà come vuole Dio! disse poi Mena. A me non importava di maritarmi, purché mi avessero lasciata stare qui.
— Che bella cosa, aggiunse Mosca, quando uno è ricco come il figlio di padron Cipolla, che può prendersi la moglie che vuole, e può stare dove gli piace!
— Buona notte, compare Alfio; disse poi Mena, dopo essere stata un altro pezzetto a guardare la lanterna appesa al rastrello, e l'asino che andava abboccando le ortiche pel muricciolo. Compare Alfio diede la buona notte anche lui, e se ne tornò a mettere l'asino nella stalla.
— Quella sfacciata di Sant'Agata, brontolava la Vespa, la quale era a tutte l'ore dai Piedipapera, col pretesto di farsi prestare dei ferri da calza, o per venire a regalare qualche pugno di fave che aveva raccolto nella chiusa, — quella sfacciata di Sant'Agata è sempre a stuzzicare compare Mosca. Non gli lascia un momento per grattarsi il capo! Vergogna! — e brontolava ancora per la strada, mentre Piedipapera chiudeva l'uscio, tirandole dietro tanto di lingua. — La Vespa è infuriata come fossimo in luglio! sghignazzava compare Tino.
— A lei che gliene importa? chiese comare Grazia.
— Gliene importa perché ce l'ha con tutti quelli che si maritano, e ora sta covando cogli occhi Alfio Mosca.
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