La gente ci si divertiva a vedergli mangiare l'anima, e perciò gli pagavano da bere. La Santuzza, mentre risciacquava i bicchieri, si voltava dall'altra parte, per non sentire le bestemmie e le parolacce che dicevano; ma all'udir discorrere di don Michele, si dimenticava anche di questo, e stava ad ascoltare con tanto d'occhi. Era divenuta curiosa anche lei, e stava tutta orecchi quando ne parlavano, e al fratellino della Nunziata, o ad Alessi, allorché venivano pel vino, regalava delle mele e delle mandorle verdi, per sapere chi s'era visto nella strada del Nero. Don Michele giurava e spergiurava che non era vero, e spesso la sera, quando l'osteria era già chiusa, si udiva un casa del diavolo dietro la porta. — Bugiardo! gridava la Santuzza. Assassino! ladro! nemico di Dio!
Tanto che don Michele non si fece più vedere all'osteria, e si contentava di mandare a prendere il vino e berselo nella bottega di Pizzuto, solo col suo fiasco, per amor della pace.
Massaro Filippo, invece di esser contento che si fosse tolto così un altro cane da quell'osso della Santuzza, metteva buone parole e cercava di rappattumarli, che nessuno ci capiva più nulla. Ma era tempo perso. — Non vedete che voga al largo e non si fa più vedere? esclamava la Santuzza. — Questo è segno che la cosa è vera com'è vero Iddio! No! non voglio sentirne parlar più, dovessi chiuder l'osteria, e mettermi a far calzetta!
Massaro Filippo allora si faceva la bocca amara dalla collera, e andava a pregare don Michele come un santo, nel posto delle guardie, o nella bottega di Pizzuto, perché la finisse quella lite con la Santuzza, dopo che erano stati amici! ed ora avrebbero fatto chiacchierare la gente, — e lo abbracciava e lo tirava per la manica.
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