E allora si mettevano in un cantuccio a confabulare colla Longa, e guardavano Sant'Agata, la quale se lo meritava, poveretta, che parlassero di lei «perché non aveva né bocca né volontà» e badava a lavorare, cantando fra di sé come fanno gli uccelli nel nido prima di giorno; e soltanto quando udiva passare i carri, la sera, pensava al carro di compare Alfio Mosca, che andava pel mondo, chi sa dove; e allora smetteva di cantare.
Per tutto il paese non si vedeva altro che della gente colle reti in collo, e donne sedute sulla soglia a pestare i mattoni; e davanti a ogni porta c'era una fila di barilotti, che un cristiano si ricreava il naso a passare per la strada, e un miglio prima di arrivare in paese si sentiva che san Francesco ci aveva mandata la provvidenza; non si parlava d'altro che di sardelle e di salamoia, perfino nella spezieria dove aggiustavano il mondo a modo loro; e don Franco voleva insegnare una maniera nuova di salare le acciughe, che l'aveva letta nei libri. Come gli ridevano in faccia, si metteva a gridare: — Bestie che siete! e volete il progresso! e volete la repubblica! — La gente gli voltava le spalle, e lo piantava lì a strepitare come un pazzo. Da che il mondo è mondo le acciughe si son fatte col sale e coi mattoni pesti.
— Il solito discorso! Così faceva mio nonno! seguitava a gridare loro dietro lo speziale. — Siete asini che vi manca soltanto la coda! Con gente come questa cosa volete fare? e si contentano di mastro Croce Giufà, perché il sindaco è stato sempre lui; e sarebbero capaci di dirci che non vogliono la repubblica perché non l'hanno mai vista!
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Longa Sant'Agata Alfio Mosca Francesco Franco Croce Giufà
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