— Questi discorsi poi li ripeteva a don Silvestro, a proposito di certo ragionamento che avevano fatto a quattr'occhi, sebbene don Silvestro non avesse aperto bocca, è vero, ma era stato zitto ad ascoltare. Si sapeva poi che era in rotta colla Betta di mastro Croce, perché il sindaco voleva farlo lei, e suo padre s'era lasciato mettere la gonnella al collo, talché oggi diceva bianco e domani nero, come voleva la Betta. Egli non sapeva dir altro che: — Il sindaco son io, caspitina! — come glielo aveva insegnato a dire sua figlia, la quale appuntava i pugni sui fianchi parlando con don Silvestro, e gli rinfacciava:
— Vi pare che vi lasceranno menar sempre pel naso quel buon uomo di mio padre, per fare gli affari vostri e mangiare a doppio palmento? che perfino donna Rosolina va predicando che vi rosicate tutto il paese! Ma me non mi mangerete, no! ché non ci ho la smania di maritarmi, e bado agli interessi di mio padre.
Don Franco predicava che senza uomini nuovi non si faceva nulla, ed era inutile andare a cercare i pezzi grossi, come padron Cipolla, il quale vi diceva che per grazia di Dio ci aveva il fatto suo, e non aveva bisogno di fare il servitore del pubblico per niente; oppure come massaro Filippo il quale non pensava ad altro che alle sue chiuse e alle sue vigne, e solo ci aveva prestato orecchio quando s'era parlato di levare il dazio sul mosto. — Gente vecchia! — conchiudeva don Franco colla barba in aria. — Gente buona pel tempo della camarilla. Al giorno d'oggi ci vogliono uomini nuovi.
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