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      Ma non sapeva che doveva partire anche lei quando meno se lo aspettava, per un viaggio nel quale si riposa per sempre, sotto il marmo liscio della chiesa; e doveva lasciarli tutti per via, quelli cui voleva bene, e gli erano attaccati al cuore, che glielo strappavano a pezzetti, ora l'uno e ora l'altro.
      A Catania c'era il colèra, sicché ognuno che potesse scappava di qua e di là, pei villaggi e le campagne vicine. Allora a Trezza e ad Ognina, era venuta la provvidenza, con tutti quei forestieri che spendevano. Ma i rigattieri torcevano il muso, se si parlava di vendere una dozzina di barilotti d'acciughe, e dicevano che i denari erano scomparsi, per la paura del colèra. — Che non ne mangia più acciughe la gente? — diceva loro Piedipapera. Ma a padron 'Ntoni, e a chi ne aveva da vendere, per conchiudere il negozio, diceva invece che col colèra la gente non voleva guastarsi lo stomaco con le acciughe, e simili porcherie; piuttosto mangiava pasta e carne; perciò bisognava chiudere gli occhi, ed essere correnti pel prezzo. Questa non ce l'avevano messa nel conto i Malavoglia! Quindi per non andare indietro a mo' dei gamberi, la Longa andava a portare le ova e il pane fresco di qua e di là per le casine dei forestieri, mentre gli uomini erano in mare, e così si faceva qualche soldo. Ma bisognava guardarsi bene dai cattivi incontri, e non accettare nemmeno una presa di tabacco da chi non si conosceva! Andando per la strada bisognava camminare nel bel mezzo, e lontano dai muri, dove si correva rischio di acchiapparsi mille porcherie; e badare di non mettersi a sedere sui sassi, o lungo i muricciuoli.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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