— Quel ragazzo lì ha del talento! diceva lo speziale a don Silvestro, e a padron Cipolla, e a chi voleva sentirlo. — Vede le cose all'ingrosso, così alla carlona, ma il sugo c'è; non è colpa sua se non sa esprimersi meglio; è colpa del governo che lo lascia nell'ignoranza.
Per istruirlo gli portava il Secolo e la Gazzetta di Catania. Però 'Ntoni si seccava a leggere; prima di tutto perché era una fatica, e quand'era soldato gli avevano insegnato a leggere per forza; ma adesso era libero di fare quello che gli pareva e piaceva, e aveva un po' dimenticato come si cacciano insieme le parole nello scritto. Poi tutte quelle chiacchiere stampate non gli mettevano un soldo in tasca. Che gliene importava a lui? Don Franco glielo spiegava lui perché avrebbe dovuto importargliene; e quando passava don Michele per la piazza, glielo indicava colla barbona, ammiccando, e gli spifferava sottovoce che passava per donna Rosolina anche quello, ora che aveva sentito come donna Rosolina avesse dei denari, e li dava alla gente per farsi sposare.
— Bisogna cominciare dal levarci dai piedi tutti costoro col berretto gallonato. Bisogna far la rivoluzione. Ecco quello che bisogna fare!
— E voi cosa mi date per fare la rivoluzione?
Don Franco allora si stringeva nelle spalle, e se ne andava indispettito a pestare l'acqua sporca nel mortaio; giacché con gente siffatta era proprio pestar l'acqua nel mortaio, diceva. E Piedipapera, appena 'Ntoni voltava le spalle, soggiungeva sottovoce:
— Se volesse ammazzare don Michele, dovrebbe ammazzarlo per qualche altra cosa; ché gli vuol rubare la sorella; ma 'Ntoni è peggio d'un maiale, tanto che si fa mantenere dalla Santuzza.
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