Del meglio che era preparato per me, io ne faceva divisione con questo mio don Sancio: ho portato l'umanità al segno che la mattina dopo viaggiato, e la notte mentre si cambiavano i cavalli, discendevo e preparavo io stesso il cioccolatte per due, e presane la mia porzione, uscivo a custodire il biroccio facendolo entrare a ristorarsi ove tutto era preparato, come se io fossi di lui cameriere. Costui non mi ha mai detta una parola di gratitudine e non mi riesce veramente che di peso e d'incomodo. Non sa una parola di tedesco, e si ostina a credere che questi postiglioni per malizia non vogliano intenderlo. Basta, ne sono fuori di questa seccatura. Gli ho fatto i conti, e non si sovviene di cinque zecchini che mancano, ed io anche di questi non ne parlerò più. Voglio pur vedere se v'è modo di rendermelo affezionato, ma ne dubito assai, egli è troppo stolido e duro naturalmente per poterlo ridurre a sentire.
Ora si apre per me una nuova scena, debbo presentarmi al signor conte di Kaunitz e ottenere da lui una lettera per far la campagna al quartier generale. Il marchese Clerici mi vorrebbe al reggimento, dove non avrei che noia senza conoscere niente di quanto mi può giovare. Giacché per opera del signor conte di Kaunitz impensatamente sono stato fatto capitano, io spero che farà il resto. Al reggimento non ci potrei stare che come volontario, giacché la mia compagnia, come sapete, non è all'armata; e posto che debba essere volontario, mi conviene vivere in più buona compagnia e dove possa imparare in grande cosa è il mestiere della guerra.
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