Vi abbraccio.
Praga, 2 luglio, 1759.
Ebbi la lettera il giorno 27 scaduto, e la sera del 28 partii da Vienna e sono giunto a Praga ieri. Gli alloggi non sono sì buoni come nell'altro viaggio e la tavola delle osterie è pessima. Qui ho ritrovato il mio Federico e i miei cavalli, la mia roba tutto in buon essere. L'armata è lontana da qui quasi due giorni di viaggio per posta. Vi dirò alcune particolarità che mi sono accadute in queste ventiquattro ore che mi trovo a Praga. Damiani di Vienna m'ha appoggiato qui a certo signor Ubiale che fa li affari de' Fermieri generali, dai quali passono le mie rimesse. Questo Ubiale, genovese, non mi pare tanto buon uomo come il Damiani. Mi hanno preso un alloggio di sette stanze magnifiche in fila, e in questa città spopolata mi fanno pagare uno zecchino al giorno per l'alloggio, mentre io avevo ricercato due o tre stanze, ché niente più mi occorre essendo di passaggio. Questo Ubiale mi va continuamente raccomandando di prevalermi d'un certo signor Peppe italiano che fa il fattore, e mi pare un poco di buono. Ieri per forza ha voluto che andassi a pranzo da lui, ove va pessima compagnia d'ufficiali la maggior parte italiani. Peppe ha una figlia che sta a tavola ed ha adescato un ufficiale con un empiastro sopra d'un occhio, forse spera di sposarlo almeno ad tempus. Costui è informato che posso avere tutto il denaro che mi occorre dall'Ubiale, ed è affannoso per me a ciò che nulla mi manchi all'armata, vorrebbe che mi provvedessi di pellicce, di stivali in quantità, di vestiti pei domestici, e che non vorrebbe costui farmi comprare!
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