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      Essi non si risentono se non in quel momento, in cui l'animo dimentico quasi del presente si risovviene e prevede; e a misura che o teme, o spera, sente o dolore, o piacere. Se questo è vero, ne scaturisce un teorema generalissimo. Tutte le sensazioni nostre piacevoli, o dolorose, dipendono da tre soli principj: azione immediata sugli organi, speranza e timore. Il primo principio cagiona tutte le sensazioni fisiche; gli altri due le sensazioni morali.
      Scelgasi un piacere morale ancora più nobile e puro; figuriamoci un geometra nel momento, in cui per un fortunato accozzamento di idee ha carpito lo scioglimento d'un problema arduissimo e importantissimo. Qual sarebbe la gioja di quel geometra, se egli vivesse in un'isola disabitata, sicuro che nessun uomo potrà mai sapere la scoperta da lui fatta? A me pare che poca o nessuna consolazione ne proverebbe; o se qualche ombra ne risentisse, ciò verrebbe perchè da quella verità ne sperasse di cavarne o un uso pratico per viverne più agiatamente, ovvero maggiore attuazione a svilupparne in seguito una catena di altre curiose verità, e guadagnare così una occupazione, che lo sottragga alla inazione insipida della sua vita solitaria. Il piacere adunque del matematico, quello che lo fa nudo balzare dal bagno, e scorrere pieno d'entusiasmo per la città, si è la speranza de' piaceri che in avvenire aspetta e dalla stima degli uomini, e dai beneficj che dovrà riceverne. Per ciò dico che tutt'i piaceri morali, come tutt'i dolori morali, altro non sono che un impulso del nostro animo nell'avvenire: cioè timore e speranza.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308