In fatti il dolore o morale, o fisico può occupare miseramente un uomo per più giorni senza lasciargli intervallo, o pace bastante per chiudere gli occhi al sonno; ma nessuna serie di piaceri vi sarà, che basti a tenere occupato piacevolmente un uomo più giorni senza che il sonno, la lassitudine, la sazietà l'abbiano interrotta. Non v'è piacere o morale, o fisico, il quale non s'annienti nell'animo nostro alla sensazione d'un forte mal di capo, o di denti. Ecco perchè l'immaginazione d'ogni uomo facilmente può figurarsi un cumulo di mali, e uno stato durevole di pene, e di assoluta miseria; e per lo contrario non può nemmeno nel liberissimo regno della nostra immaginazione dipingersi uno stato di vita sempre giocondo e felice, libero da ogni noja, e da ogni sazietà. Ecco perchè le descrizioni del Tartaro riescono sempre più colorite, e verosimili di quelle dell'Eliso, le quali dopo inutili sforzi compaiono stentate e fredde, quand'anche sien fatte da uomini dotati di somma immaginazione. La religione può sola consolarci a vista di queste tristi verità; essa ci assicura di un tempo, in cui modificatasi altrimenti la sensibilità nostra, saremo capaci d'una serie non interrotta di purissimi piaceri, della quale frattanto portiamo inerente a noi stessi il desiderio.
§. VII.
Dei piaceri, e dei dolori fisici.
Ho ragionato sin ora dei piaceri, e dolori morali, e di questi credo d'aver ritrovata l'indole, e la definizione, dicendo essere i primi una rapida cessazion di dolore, e i secondi un timore; resta ora che entriamo nella medesima analisi su i piaceri, e dolori fisici, affine di conoscere se essi sieno d'uguale, o d'indole diversa dei morali.
| |
Tartaro Eliso
|