Un lunghissimo viale piano, uniforme, fra due siepi parallele t'invita a un noiosissimo passeggio, che sempre ti presenta l'oggetto medesimo, e ti guida alla stanchezza prima che ti sia avveduto d'aver cambiato luogo. A quel viale s'assomiglia ogni opera laboriosa, esatta, regolare, ove non siavi verun lato negligentemente tocco. Quel viale è un placido poema di versi tutti sonori, è una musica tutta di consonanze, è una pittura cinese tutta monda, e di vivaci colori. Non v'erano viali nel giardino di quel filosofo. Il passeggio era preparato con una varietà deliziosa. Un sentiero t'invitava al bosco: l'attraversavi calpestando l'erbe e i fiori, che i raggi del sole non avean veduti mai: una fresca umidità, un sacro silenzio regnavano d'intorno, e quasi provavi spiacere e timidezza, come se ivi ti ritrovassi separato dal soccorso degli uomini; appena questo sentimento cominciava a molestarti, improvvisamente eccolo cessato; termina il bosco, e ti si affacciava da un lato la vista d'una spaziosa campagna popolata di case; spigni l'occhio quanto puoi, non troverai altri confini che l'orizzonte. Esaminavi deliziosamente quest'oggetto; ma t'inquietava la curiosità di godere d'altre sorprese, che ben conoscevi esserti preparate ancora dopo un sì giudizioso principio, e questa curiosità, molestamente scuotendoti, ti obbligava ad inoltrarti. Dopo pochi passi inutilmente ti rivolgevi per rimirar nuovamente la bella vista, perchè una collinetta vicina rimaneva frapposta all'oggetto, e come un bel sipario chiudeva la passata scena.
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