Una dimostrazione cospicua di questa verità, che nell'uomo artificiale si creano moltissimi dolori, e piaceri di opinione, ce la somministra l'antica Roma tanto avida dello spettacolo de' gladiatori. Le vergini, le matrone, i fanciulli romani si affollavano all'anfiteatro, e avidamente godevano nel mirare più uomini, che col pugnale in mano si battevano a morte; li volevano veder nudi per meglio osservare il ferro acuto che doveva forarli; li volevano ben pasciuti perchè l'adipe istesso rendendo più lento lo sgorgo del sangue, riusciva lo spettacolo della morte più prolungato; si assaporava la grazia della positura in cui sapeva rendersi pittoresco il morire, e il gladiatore si applaudiva dagli astanti perchè agonizzasse con leggiadria. Nelle mense medesime più festose mentre coricati i romani epicurei ponevano pausa al cibo, venivano i gladiatori a ricolmare la voluttà de' convitati; e le mense grondanti umano sangue, e coperte di murene e greci vini, e i singhiozzi de' moribondi, frammischiati alle festevoli sinfonie, cagionavano le delizie e il dilicato raffinamento de' piaceri. Troppo è noto il fatto, ed è pur noto che somma rusticità allora si reputava dai romani se mai per annunziare che taluno era morto si fosse detto obiit, o simile espressione, dovendosi usare la più mite, e dire vixit, quasi che il ricordare a voce la morte naturale d'un uomo potesse essere dolorosa cosa ad un popolo, che con giubilo la mirava eseguita con violenza e atrocità. Egli è certo che se ai tempi nostri nel colosseo si rappresentassero queste carneficine, non che le tenere vergini, e le donne, e i giovani, ma gli uomini ancora meno sensibili ne proverebbero un dolore, e il dolore e la lacerazione interna cagionata dalla compassione giugnerebbero al grado di portare molti degli spettatori allo stato della malattia.
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Roma
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