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      Ma l'assenza de' desiderj è piuttosto vegetazione che vita, e non si dà che per intervalli: laddove la violenza de' desiderj la prova ogni anima che sente con energìa, e talvolta può essere uno stato durevole. Le operazioni adunque da farsi per allontanarci dalla infelicità sono o diminuire i desiderj, o accrescere il potere, o l'uno e l'altro insieme.
      Ma siamo noi padroni di diminuire i desiderj nostri, siamo noi arbitri di accrescere il nostro potere? In tutto no certamente; perchè ogni volta che soffriamo un dolor fisico è una conseguenza fisica in noi il desiderarne la cessazione; perchè il preservarci totalmente anche dai soli errori di opinione non è compatibile colla imperfezione del nostro essere; perchè il dilatare il poter nostro oltre certi confini viene interdetto dalla fisica istessa e dal potere degli enti che lottano con noi: ma il premunirci coll'uso della ragione e col placido esame contro l'insidioso assalto delle passioni prima che esse ci abbiano scossi e trasportati nel chimerico mondo della immaginazione; ma lo scemare e molto più l'impedire il nascimento dei desiderj nostri di tanto almeno quanto v'è di sognato ne' beni che immaginiamo, è sicuramente entro i confini della nostra volontà, come è in mano nostra l'accrescere il poter nostro con varj mezzi che andremo esaminando; e vedremo che certamente gli uomini assai meno sarebbero infelici se facessero singolarmente nella loro prima età un uso continuato e intenso della loro ragione per esaminare i loro interni movimenti, e ridurre a sistema e a principj le proprie azioni.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308