Sono fra 'l peccato, il supplizio, e l'infamia. La vita del Principe Stuardo Pretendente alla Corona della Gran Brettagna era posta a taglia, dichiarato reo di Stato chiunque gli desse asilo, il Pretendente sconfitto, dispersi interamente i suoi partigiani, senza soccorso, solo, languente di fame, freddo, e lassitudine, dopo aver passato un giorno appiattato in un cespuglio intorno cui giravano i nemici per prenderlo, venuta la notte si presenta alla casa d'un Gentiluomo del contorno - vi porto dice egli un felice annuncio: dieci mila lire sterline sono vostre, solo che il vogliate potete aver la taglia promessa a chi congegnerà il Principe Stuardo, eccolo nelle vostre mani: Sono io, senza difesa, disponete dell'ultimo infelice rampollo dei vostri Reì ovvero se le mie disgrazie v'inteneriscono soccorrete la mia fame, ricoveratemi, ed assistetemi per uscire dall'Isola! - che partito doveva prendere il Gentiluomo? Egli ristorò l'infelice Principe, lo celò, lo imbarcò alla più sicura occasione, fu processato, la legge era chiara come chiara la contravvenzione, per tutta difesa chiese a ciascuno de' suoi Giudici che avrebbon'essi fatto nel suo caso, e fu liberato. Ma fece egli un'azione giusta e virtuosa, ovvero debole e viziosa? Era egli permesso a un generoso e nobile uomo di soggiogare e impadronirsi d'un nimico reso impotente e che volontario gli si affidava? Che ne avrebbero giudicato gli uomini che ubbidiscono ad un valoroso onore? Era egli permesso il conservare e dare libertà a un inimico del proprio Re, di cui la vita poteva cagionare nuovi torbidi e guerre civili?
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