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      Suppongasi un'isola nell'Oceano ove gettati due fanciulli da una tempesta sieno divenuti col tempo i Patriarchi d'un nuovo popolo cresciuto co' secoli al segno di poter formare una nazione. Questa moltitudine di uomini mossa dai bisogni, mancante di idee complesse (frutto di una lunghissima tradizione e che non si accumulano se non dopo lo stato di civilizzamento) avrà ubbidito principalmente alle impressioni degli oggetti che attualmente ferivano i suoi sensi. Quegli uomini erano allora independenti, nè vi sarà stato fra di loro che la robustezza diversa o la diversa scaltrezza che potesse mettere limite alle azioni altrui; e l'impero era tutto nella forza. Ma come la minor forza e la minore astuzia è propria del maggior numero, così in quello Stato la parte massima della nazione avrà dovuto soffrire la prepotenza; quindi la sicurezza nelle proprie capanne, la tranquillità nella custodia de' frutti raccolti per proprio cibo, la pacifica convivenza colla propria donna essendo sempre in pericolo, gli abitanti furono indotti a collegarsi per formare colla riunione di più forze un contrasto. Dopo varie parziali associazioni ancora disuguali e forse rivali e guerreggianti, la durevolezza de' mali indusse un uomo più accorto a proporre una associazione stabile, pacifica, universale. Così venne abolito il feroce muscolare dispotismo, e così si venne a circoscrivere il numero delle azioni di ciascun uomo, vietandogli quelle che si opponessero alla sicurezza e pace d'un altro uomo, reso con certe leggi fattizie sicuro di conservare se stesso, i frutti della sua industria, la donna sua e i suoi figli.


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Discorsi sull'indole del piacere e del dolore; sulla felicità; e sulla economia politica
di Pietro Verri
Editore Marelli Milano
1781 pagine 308

   





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