Il fine adunque dell'immaginato patto sociale è il ben essere di ciascuno che concorre a formare la società, il che si risolve nella felicità pubblica, ossia nella maggiore felicità possibile ripartita colla maggiore uguaglianza possibile. Tale è lo scopo a cui deve tendere ogni legge umana. Ovunque le leggi positive abbiano questo scopo, ivi la società è fedele ai patto sociale, ivi i doveri e i dritti d'ogni uomo sono chiari e sicuri, ivi è interesse di ogni socio che si osservino le leggi per le quali sussiste; giacchè violandole ecciterebbe gli altri a rimettere in vigore la forza, si annienterebbe la libertà, risorgerebbe la selvaggia indipendenza: ivi le leggi non possono mai essere in contraddizione colla virtù, perchè le leggi tendono alla felicità pubblica, e la virtù, siccome ho detto, avendo per oggetto gli atti utili in generale agli uomini, non si può mai cercare la felicità pubblica con atti dannosi generalmente al genere umano. Questa età dell'oro però è una immagine deliziosa, ma tanto vana quanto la perfetta felicità nell'uomo. Non s'è data nè si darà nel mondo una società così esattamente organizzata dove ogni atto della podestà pubblica sia una spinta verso la pubblica felicità, e dove quella classe d'uomini presso i quali ne viene depositato l'esercizio non travii mai, non declini, e non ne abusi; poichè, qualunque sia la forma del governo, sempre un numero di uomini ha influenza nel maneggiare la forza pubblica, e questi uomini sono soggetti all'errore, alle passioni, e alle debolezze e imperfezioni della nostra specie.
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