Questa è l'organo morale, questa è quel sesto immaginato senso che ci porta a soccorrere gli afflitti, i bisognosi, gli addolorati anche prima che la ragione ce lo suggerisca; e le nostre azioni verso il bene sono sempre più energiche quando partono da una spinta di sentimento, di quello che riescono quando ne ha anticipatamente compassato il cammino la tranquilla ragione. Se la strada della felicità fosse quella del vizio, io suggerirei di soffocare questo senso di compassione nel nostro animo, e ridurci a potere indifferentemente essere spettatori de' mali altrui; ma siccome il potere del nostro animo, e l'energìa del coraggio nostro non reggono se non abbiamo un nobile sentimento dalla coscienza nostra che ci risponda della elevazione di noi medesimi, il che non può aversi se non a misura che siamo virtuosi; così quella disposizione macchinale alla virtù è nostro interesse il conservarla, il raffinarla, l'accrescerla affinchè siamo felici. La virtù nata dalla sola ragione ci fa essere giusti, fedeli, discreti, e circospetti; ma quella che parte dal sentimento ci fa essere generosi, affettuosi, benefici: la prima tende più a sottrarre dalle nostre azioni il male, la seconda ci spinge con azioni positive al bene.
Un limite però sarà da porsi a quella benefica sensibilità del nostro animo, e questo la virtù istessa ve lo pone, cioè quando per essere utili e benefici convenga reprimere il ribrezzo per il patimento altrui; molti sono i casi della vita ne' quali per soccorrere e liberare altri dal male, conviene reprimere quella macchinale sensibilità che ci renderebbe attoniti e inoperosi, o ci farebbe volgere alla fuga; e allora la buona direzione di noi stessi ci farà rivolgere ai mezzi del soccorso per i modi meno turbolenti e più sicuri e brevi; ed occupato in quella ricerca industriosamente il Saggio distraendosi da una troppo viva eompassione moltiplicherà le azioni virtuose, e si renderà sempre più robusto per allontanare se medesimo dalla infelicità.
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Saggio
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